Neal Weinberg
Contributing writer, Foundry

7 nuove tendenze nel mercato del cloud, e il loro impatto sull’IT

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25 Oct 202311 minuti
BilancioCloud ComputingGenerative AI

Ora che il cloud è ormai un elemento-chiave delle strategie tecnologiche aziendali, i responsabili IT devono tenersi aggiornati su come le sue dinamiche di offerta stanno evolvendo nel mercato. Ecco le ultime novità che i CIO non possono fare a meno di conoscere.

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Credito: Shutterstock

Negli ultimi, tempi il mercato del cloud ha raggiunto un alto grado di maturità, con la classifica delle infrastrutture più popolari e utilizzate rimasta relativamente stabile: AWS al 33% del mercato, Microsoft Azure al 22% e Google Cloud al terzo posto con l’11%. (IBM, Oracle e Salesforce si collocano nella fascia del 2-3%).

La crescita dei ricavi rimane consistente in tutto il settore, ma sta rallentando un po’, e nessuno dei tre big supera gli altri al punto da alterare gli equilibri di potere. La stabilità generale del mercato si è estesa ai prezzi che, con alcune eccezioni, sono rimasti relativamente stabili e il mercato si è evoluto al punto che i principali operatori hanno tutti offerte simili’.

Ma l’emergere dell’IA generativa sta cambiando lo scenario. 

La frenesia creata dal rilascio pubblico di ChatGPT di OpenAI ha scatenato una vera e propria corsa agli armamenti tra gli hyperscaler per differenziarsi sviluppando i propri modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), costruendo piattaforme che consentono alle aziende di creare applicazioni di IA generativa, e integrando quest’ultima nel proprio portafoglio di offerte di servizi.

Come spiega l’esperto di cloud computing David Linthicum, “Quello che sta accadendo è che i cloud provider si stanno avvicinando alla saturazione delle funzionalità in termini di servizi che possono offrire  rispetto ai loro competitor. Pertanto, tali servizi cominceranno a diventare commodity e, con la popolarità del multicloud, quelli fondamentali come lo storage e il computing saranno praticamente gli stessi, da un cloud all’altro”.

E aggiunge: “Questo è il motivo che sta alla base della spinta verso l’IA generativa da parte dei fornitori della ‘nuvola’. È una gara per determinare chi possiede questo spazio e la capacità di “de-commodificare” i propri servizi con questa nuova tecnologia sovrapposta ai servizi cloud più tradizionali”. Siamo nella fase iniziale della corsa all’IA generativa, e ancora non c’è un leader chiaro, ma tutti gli attori stanno riversando risorse nella mischia.

Microsoft, che ha finanziato OpenAI per 10 miliardi di dollari [in inglese], ha incorporato le funzionalità di ChatGPT in tutte le applicazioni di produttività come Word ed Excel [in inglese], nel browser Edge [in inglese] e in un’offerta cloud rivolta alle aziende, Azure OpenAI Service.

Google sta correndo per costruire la sua piattaforma di intelligenza artificiale; i co-fondatori Sergey Brin e Larry Page sono persino usciti dal semi-pensionamento per dare il via all’iniziativa Google AI. Big G ha un proprio modello linguistico di grandi dimensioni chiamato PaLM [in inglese], sta costruendo i propri chip per l’intelligenza artificiale (Tensor Processing Units) [in inglese] e sta introducendo nuove soluzioni per il settore sotto l’insegna di Vertex AI [in inglese]. Di recente, ha lanciato servizi specifici per le aziende sanitarie e scientifiche [in inglese].

Inoltre, AWS ha recentemente annunciato Bedrock, un servizio completamente gestito che consente agli sviluppatori di software aziendali di incorporare funzionalità di intelligenza artificiale nei loro programmi. Amazon Web Services costruisce anche i propri chip a basso costo per l’IA (Inferentia e Trainium) [in inglese] in volumi limitati; l’azienda li utilizza internamente per alimentare le proprie funzionalità di intelligenza artificiale generativa e li mette a disposizione dei clienti.

Sebbene l’IA generativa sia certamente la tendenza più calda del mercato del cloud, ve ne sono altre di cui i CIO devono essere consapevoli. Ecco quali sono le principali e qual è loro impatto sulle strategie per la nuvola dei Chief Information Officer.

La corsa all’oro dell’IA. Con poca chiarezza sui costi

“È l’anno dell’IA”, dichiara Forrester Research. “Ogni hyperscaler, fornitore SaaS e startup spera di sfruttare a proprio vantaggio il fermento intorno all’IA. I fornitori di cloud stanno spingendo i servizi di questo tipo per uscire da una fase di crescita lenta dei ricavi e per differenziarsi dai rivali. I clienti cloud aziendali sono desiderosi di utilizzare l’IA ovunque sia possibile per le iniziative strategiche, ma senza far lievitare i budget IT, già messi sotto pressione dalla complessità e dalla dispersione del multicloud”.

I tre grandi hyperscaler non sono gli unici a offrire all’IT aziendale servizi cloud generativi basati sull’intelligenza artificiale. IBM si sta facendo avanti con la sua piattaforma watsonx AI basata su Open-Stack [in inglese]. E Nvidia, che fornisce a tutti la maggior parte dei chip (GPU) per l’IA generativa [in inglese], ha costruito la propria soluzione cloud full-stack chiamata DGX Cloud [in inglese], un servizio di intelligenza artificiale che vive all’interno del cloud di Oracle e sarà presto disponibile su Azure e Google Cloud.

Per i CIO, questo significa che ci saranno diverse opzioni basate sulla nuvola per integrare le funzionalità di IA generativa nei processi aziendali esistenti e per creare nuove applicazioni basate sull’intelligenza artificiale in generale.

Secondo Bernard Golden, executive technical advisor di VMware, la sfida consiste nel garantire che i dati aziendali sensibili siano protetti e tenuti fuori dal pool generale che costituisce i database LLM.

Linthicum aggiunge che le applicazioni basate sull’IA generativa saranno “costose da gestire”, quindi “i CIO devono trovare i casi d’uso appropriati per questa tecnologia”.

E per i CIO che vogliono sfruttare al meglio le capacità di intelligenza artificiale integrate nelle offerte cloud da cui dipendono, le spiegazioni iniziali su come funzioneranno i prezzi sono state piuttosto opache [in inglese].

Le fasce di prezzo del cloud. Con i balzi dovuti all’IA

IBM ha suscitato un certo scalpore quando ha annunciato aumenti di prezzo per i servizi di storage [in inglese] fino al 26%, e più contenuti per le offerte IaaS e PaaS.

In generale, tuttavia, i fornitori di cloud hanno mantenuto la linea dei prezzi costanti, in modo da poter restare competitivi. Tuttavia, il rallentamento della crescita in tutto il settore produrrà, probabilmente, aumenti futuri. Come osserva Linthicum, “stiamo entrando nella fase della tecnologia in cui è necessario raccogliere valore dai propri investimenti. Sospetto che i prezzi aumenteranno nei prossimi anni”.

Naturalmente, il vantaggio di utilizzare i servizi cloud è che i clienti possono scegliere la configurazione dell’infrastruttura più adatta alle loro esigenze. Se opteranno per un processore di prima generazione, faranno buoni affari. Ma per le aziende che hanno bisogno di computing ad alte prestazioni o per quelle che vogliono sfruttare i vantaggi dell’intelligenza artificiale, la scelta di un chip di ultima generazione comporterà costi elevati.

Per esempio, scegliere di eseguire il proprio carico di lavoro su un chip Nvidia H100 rispetto a un modello precedente A100 comporterà un aumento di prezzo di oltre il 220%, dichiara Drew Bixby, responsabile delle operazioni e dei prodotti di Liftr Insights.

E, via via che gli hyperscaler aggiungeranno altre GPU (che sono esponenzialmente più costose delle CPU tradizionali) al mix dei propri data center, questi costi saranno probabilmente trasferiti ai clienti aziendali.

La maturità dei cloud di settore ai confini dell’IA generativa

I cloud specifici per categoria merceologica sono in crescita e beneficeranno dell’emergere dell’intelligenza artificiale generativa, spiega Brian Campbell, direttore di Deloitte Consulting, che spiega che questo genere di computing sulla nuvola “tende a essere in prima linea nelle agende dei dirigenti aziendali e tecnologici”.

I leader IT apprezzano la velocità, la flessibilità e l’efficienza offerte dai cloud specifici per i vari comparti industriali [in inglese], mentre i responsabili aziendali trovano interessante soprattutto la possibilità di concentrare le scarse risorse interne su aree che consentono di differenziare la propria attività. I primi ad adottare i cloud di questo tipo sono state le aziende sanitarie, bancarie e tecnologiche, ma la tendenza si è estesa all’energia, al manifatturiero, al settore pubblico e ai media.

Campbell aggiunge: “Con la recente esplosione dell’IA generativa, i dirigenti stanno cercando, sempre più, di capire come utilizzare l’IA gen al di là delle prove di concetto, rivolgendosi quindi ai principali provider di cloud verticali, agli hyperscaler, ai vendor di software indipendenti e ai system integrator che hanno rapidamente incorporato, nelle loro offerte, l’intelligenza artificiale generativa accanto ad altre tecnologie”.

La linea di demarcazione tra cloud e on-premise si fa sempre più sfumata

Il vecchio paradigma che vedeva una chiara linea di demarcazione tra nuvola e on-prem non esiste più. Ci sono molti termini che si applicano a questo fenomeno di servizi di tipo cloud distribuiti, in contemporanea, in una varietà di scenari: cloud ibrido, cloud privato, multicloud, edge computing o, come lo definisce IDC, infrastrutture cloud dedicate in forma di servizio (DCIaaS).

Chris Kanaracus, analista di IDC, sottolinea: “Vediamo sempre più spesso il cloud non come un luogo particolare, quanto piuttosto come un modello operativo generale per l’IT. È possibile avere la nuvola ovunque in termini di attributi quali scalabilità, elasticità, prezzi basati sul consumo e così via. La difficoltà, per i CIO, consiste nel mettere insieme tutto ciò in un ambiente misto”.

Per esempio, AWS offre Outposts, un servizio gestito che consente ai clienti di eseguire gli Amazon Web Services on-premise o in modalità edge. Microsoft rende disponibile un servizio simile, chiamato Microsoft Azure Stack e anche i fornitori di hardware tradizionali hanno offerte as-a-service che possono essere eseguite nei data center o all’interno dell’edge, come Dell Apex e HPE GreenLake.

L’interoperabilità aumenta, mentre il lock-in perde un po’ di lucentezza

I fornitori di cloud in concorrenza non sono particolarmente incentivati a consentire l’interoperabilità. Il modello di business per questo genere di provider consiste, piuttosto, nel coinvolgere un cliente, abituarlo ai suoi strumenti, ai processi, ai marketplace, alle piattaforme di sviluppo software, e continuare a incoraggiarlo a spostare più risorse sul proprio cloud.

Ma quando i clienti aziendali hanno iniziato ad adottare un approccio multicloud, i fornitori sono stati costretti a confrontarsi con questa realtà.

Microsoft e Oracle, per esempio, hanno recentemente lanciato Oracle Database@Azure [in inglese], che consente ai clienti di eseguire i servizi di database di Oracle su Oracle Cloud Infrastructure (OCI) e di distribuirli nei data center di Microsoft Azure.

Così come la leader dello storage NetApp ha da poco annunciato un servizio completamente gestito che consente ai clienti di portare senza problemi i carichi di lavoro business-critical in ambienti Windows e Linux su Google Cloud senza dover rifattorizzare il codice o riprogettare i processi.

Con l’abbattimento di queste barriere all’interoperabilità, le aziende trarranno vantaggio dalla possibilità di spostare i volumi di storage e le applicazioni sulla piattaforma cloud più appropriata.

L’ascesa dell’utente-sviluppatore

C’è sempre stata una tensione tra l’IT tradizionale e il cosiddetto shadow IT. L’emergere di soluzioni low-code e no-code ha reso più facile per il personale non IT creare applicazioni semplici. Per esempio, Power Platform di Microsoft consente di creare applicazioni mobili e web in grado di interagire con gli strumenti aziendali.

Dopodiché, ChatGPT ha eliminato qualsiasi vincolo tecnico. Con Copilot di Microsoft, per esempio, gli utenti finali possono scrivere contenuti e creare codice con un semplice prompt. Per i responsabili IT, questa può essere un’arma a doppio taglio. È un vantaggio per l’impresa se i dipendenti possono aumentare la loro produttività attraverso la creazione di nuovi strumenti e programmi software Ma, Golden sottolinea che strumenti come Copilot sono “fantastici finché non lo sono”. In altre parole, queste semplici applicazioni create una tantum dagli utenti-sviluppatori possono creare rischi per la sicurezza, non sono costruite per essere scalate e non sono necessariamente interoperabili con i processi aziendali complessi [in inglese].

FinOps guadagna spazio e strumenti

Durante la pandemia, c’è stata una “folle corsa” delle aziende a spostare i carichi di lavoro nel cloud per renderli più facilmente accessibili ai lavoratori remoti. “Ora stanno ricevendo i conti più salati”, afferma Linthicum.

Di conseguenza, le imprese stanno adottando la tecnologia FinOps [in inglese] per gestire e ottimizzare i costi delle attività sulla nuvola. Secondo Linthicum, questa modalità operativa consente alle organizzazioni di ridurre il debito tecnico e di “ottenere maggiori risparmi sui costi normalizzando l’uso delle risorse cloud”. In sostanza, corregge gli errori commessi in passato, come l’utilizzo dei servizi cloud sbagliati, l’eccessiva movimentazione dei dati e così via”.

I ricercatori di Forrester concordano, osservando che “ogni volta che si soffiano venti contrari all’economia, l’ottimizzazione dei costi IT acquista slancio. Per la gestione dei costi del cloud, l’interesse è stato elevato nel 2018 e lo è ancora quest’anno”. La buona notizia per l’IT è che tutti i fornitori di cloud offrono servizi FinOps e c’è una serie di fornitori di software di terze parti che offrono strumenti di gestione dei relativi costi [in inglese].

Neal Weinberg
Contributing writer, Foundry

Neal Weinberg is a freelance technology writer and editor. He can be reached at neal_weinberg@foundryco.com.