Patrizia Licata
Di Patrizia Licata

Business Intelligence, i CIO italiani al lavoro su modelli IT e cultura del dato

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13 Nov 20238 minuti
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Le aziende italiane sono sempre più “mature” in termini di Descriptive Analytics e Data Visualization. Ma per il CIO è importante continuare a dimostrare al management il valore di business dei progetti e diffondere l’uso dei dati in modo pervasivo in azienda come supporto alle decisioni. E all’orizzonte ci sono gli Analytics avanzati e l’intelligenza artificiale

Broadcom
Credito: Getty Images

Da quando la Business Intelligence è diventata parte integrante di tutte le operazioni, DHL Express Italia ha ottenuto vantaggi concreti: più velocità ed efficienza, meno costi ed errori. La filiale italiana del gruppo mondiale della logistica gestisce oltre 200mila consegne da e per l’Italia al giorno, e la Business Intelligence (BI) è così strategica che il management ha deciso di affiancare l’evoluzione tecnologica con un percorso formativo dedicato a tutti i team, perché la BI è usata in tutte le funzioni in modo massiccio. 

“Abbiamo decine di sistemi basati su un avanzato servizio di Analytics”, afferma Aurelio Mora, CIO di DHL Express, Italy. “Questo ci consente di ottenere un controllo più accurato dei dati per il business”. 

La BI è la prima, grande, prova di maturità nella strategia sui dati per le imprese. Le più grandi la stanno ampiamente superando: l’83% dichiara la presenza di competenze dedicate e il 69% usa strumenti di Data Visualization avanzati, secondo l’ultimo Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano. Quel che manca, invece, è proprio quel passo successivo che DHL Express (e il suo CIO) ha previsto: usare i dati su scala cross-dipartimentale per migliorare il lavoro e contribuire a prendere decisioni più accurate. In Italia a questo livello di maturità sono giunte soltanto quattro aziende su dieci di grandi dimensioni (le percentuali scendono per le medie e, soprattutto, per le piccole imprese).

“Quando si tratta di dati in azienda, non sempre c’è consapevolezza di come combinarli con gli algoritmi per creare valore e generare impatti positivi sul business”, afferma Luca Caruso, CTO di Openjobmetis (Agenzia per il lavoro). “Spesso il dato è visto come il semplice report in Excel”. Per questo anche Caruso punta sulla formazione della cultura e della strategia dei Big Data e, sottolinea, “non è facile”.

La Business Intelligence fa marciare le operation

Ogni giorno la BI mette a disposizione delle attività di DHL Express Italia i dati sulle operazioni del giorno precedente e costruisce report quasi in tempo reale con le analisi utili per le operazioni strategiche, tra cui i volumi dell’import e dell’export, le spedizioni ferme in dogana, il fatturato, le chiamate al customer service. Questo tipo di analisi è, a sua volta, funzionale alla formulazione di previsioni affidabili. I vertici aziendali possono poi decidere fondandosi sull’intelligence estratta dal software.

“Si tratta di uno strumento di business fondamentale, perché ci dà la visione sui trend e il controllo sulle operazioni in modo automatizzato”, sottolinea Mora. 

L’automazione vuol dire velocità e precisione. In precedenza, la raccolta dei dati veniva svolta in modalità manuale, quindi con tempi più lunghi e maggior incidenza di imprecisioni ed errori.

Un altro grande vantaggio della Business Intelligence e dei processi automatizzati è la capacità di intervenire sulla qualità del dato, evidenzia Mora. Per esempio, corregge gli errori che i clienti possono commettere nel compilare i documenti doganali. Se questi non sono redatti nei loro campi con estrema precisione, il rischio è che la Dogana blocchi la spedizione.

Big data fuori controllo? Sottoinsiemi di database e cloud possono aiutare

DHL Express gestisce principalmente due tipologie di dati: quelli dei clienti (nomi, indirizzi, contratti, e così via) e quelli delle spedizioni (i codici AWB, i numeri delle spedizioni dei service point, dei checkpoint per il tracciamento, eccetera). Si tratta di una quantità ingente di informazioni digitali che vengono conservate, elaborate e protette nei grandi database di gruppo. A livello locale, il dipartimento IT di Mora ha creato delle “routine” che permettono di estrapolare e gestire i dati relativi all’Italia. 

“La mole di dati è molto grande e lavoriamo su sottosistemi o sotto-database, che abbiamo creato con il supporto dei sistemisti centrali”, indica Mora. 

DHL Express Italy, infatti, non è solo la filiale di una multinazionale, ma una delle sue cinque divisioni. La funzione IT è distribuita e l’attività di Mora si divide tra il team italiano, che conta quasi 60 persone, e quello globale, sparso in più sedi. La condivisione e la gestione dei dati avvengono in cloud: un cloud pubblico, ma che all’interno del gruppo diventa “come un cloud privato: la nostra rete interna per la condivisione e la collaborazione globale”, afferma Mora. “Su tutto sono stati implementati dei complessi firewall e messe in atto procedure di sicurezza a tutela sia della rete che delle informazioni”, conclude il manager.

Gli analytics, fondamentali per la cultura del dato. E, all’orizzonte, c’è l’IA

Nel vasto campo degli Analytics, la Business Intelligence rappresenta un’importante base di partenza, afferma Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano.

“La BI rientra nell’ambito dei Descriptive Analytics, perché ha come obiettivo quello di descrivere una situazione. Si fa uso di dati passati o presenti per ottenere una rappresentazione dettagliata della realtà”, spiega Piva. L’evoluzione successiva è rappresentata dagli Advanced Analytics, che “hanno l’obiettivo di focalizzarsi sul futuro ed effettuare delle previsioni a vario livello di granularità e con diversi livelli di automazione per tracciare prossimi eventi o scenari”.

Ovviamente le due forme di analisi dei dati comportano tecniche diverse. “Per la BI, che ha lo scopo primario di rappresentare, si impiegano tecniche come Data Visualization e grafica intuitiva. Negli Advanced Analytics, invece, intervengono le tecniche di Machine Learning, che fanno parte dell’intelligenza artificiale (IA), per trovare nei dati evidenze utili a tracciare il futuro”, indica Piva. L’esperto però chiarisce: “La BI già permette di ottenere risultati significativi per il business. Inoltre, consente di lavorare sulla cultura del dato, coinvolgendo l’intera organizzazione. E può continuare ad affiancarsi agli Advanced Analytics, o Data Science, anche nel progresso verso l’IA”.

Nell’applicazione dell’IA all’intelligenza del dato, le organizzazioni sono ancora nella fase iniziale: secondo i dati dell’Osservatorio Big Data & Analytics, il 65% delle grandi aziende in Italia ha avviato una o più sperimentazioni, per lo più nelle aree Marketing, Vendite e Produzione, dove risulta più semplice (anche per il CIO) portare alla luce il ritorno economico.

Verso l’analisi predittiva: il data lake

Proprio per dimostrare gli impatti positivi sul business, Caruso di Openjobmetis sta creando dei piccoli modelli di Analytics e BI, mentre dialoga in modo costante con tutti i manager per aiutare a formare una cultura del dato. Di pari passo, il CTO spinge per andare oltre il data warehouse verso il data lake. 

“Stiamo lavorando su due fronti: da un lato sto cercando di sfruttare alcuni componenti nativi di Salesforce per la gestione e l’analisi dei dati, dall’altro sto partendo con l’implementazione di un data lake su tecnologie open source, riducendo così il budget necessario alla realizzazione”, afferma Caruso. “Rispetto al data warehouse, il data lake permette di avviare una strategia sui Big Data più estesa e pronta ad accettare dati interni ed esterni, strutturati e destrutturati, e di dimostrare come l’aggregazione ragionata e l’analisi di fonti disparate aggiungano valore alle attività core”, prosegue il CTO. “Adesso stiamo muovendo i primi passi su specifiche fonti dati, ma il mio obiettivo sarebbe quello di creare una struttura unica per tutti i dati aziendali per permetterci di fare analisi predittiva e propositiva e avvicinarci ad approcci data-driven”.

Quello sui Big Data è un investimento importante, ma i costi sono diventati più accessibili, osserva Caruso. “Per esempio, per generare un data warehouse non è necessario fare tutto lo sviluppo in casa utilizzando soluzioni di mercato costose: esistono risorse open source, in cloud, che permettono di implementare soluzioni di valore e, soprattutto, di ottenere un servizio ‘managed’, così da ridurre le spese operative negli anni successivi al primo”, afferma il manager. “Per questi progetti la nostra strategia è ricorrere a partner che ci supportino dal punto di vista tecnologico a cui affiancare risorse interne con forte conoscenza del business”. Secondo il CTO di Openjobmetis, infatti, non è indispensabile avere tutte le competenze IT in-house, ma è un “must” investire in risorse interne in grado di utilizzare il dato per trasformarlo in valore. 

Il CIO costruisce la cultura del dato

Ed è qui il cuore della data strategy: usare i dati in tutte le funzioni aziendali per migliorare l’attività. La Data Visualization della Business Intelligence è, da questo punto di vista, molto importante: come sottolinea Piva, “allarga la platea di chi accede ai report e ai grafici interattivi e permette di coinvolgere nei progetti di Analytics le varie aree aziendali tramite strumenti user-friendly e iniziative cross-dipartimentali che avvicinano le persone ai dati”.

Anche il management va convinto della strategicità degli Analytics: un altro ruolo chiave affidato al CIO. Caruso di Openjobmetis sottolinea come “A metà mese l’analisi dei dati relativi a quanto abbiamo proposto al mercato nelle due settimane precedenti, comparati agli andamenti storici dell’azienda, permette di prevedere il fatturato di fine mese o suggerire azioni correttive che nel passato hanno avuto successo”. Questo vuol dire che i manager sanno in anticipo se il risultato sarà in linea con le aspettative o se occorre intervenire, con una chiara evidenza dell’impatto positivo della tecnologia sul business.

La stessa automazione degli strumenti di Analytics e BI, osserva Piva, rende più semplice dimostrare i benefici sulle operazioni, incluso il risparmio sui costi. L’essenziale, però, è disporre di dati di qualità: è la condizione imprescindibile per diventare azienda data-driven, ovvero in grado di usare i dati per prendere decisioni strategiche.

Patrizia Licata
Di Patrizia Licata
Scrittore Collaboratore

Giornalista professionista e scrittrice. Dopo la laurea in Lettere all’Università La Sapienza di Roma, ho iniziato a lavorare come freelance sui temi dell’innovazione e dell'economia digitale. Scrivo anche di automobili, energia, risorse umane e lifestyle. Da una ventina d’anni collaboro con le principali testate italiane su carta e web.

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