Martha Heller
Columnist

Ecco come GlobalFoundries ha rivisto il suo modello di gestione dei processi per guidare la trasformazione

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10 Sep 20236 minuti
Gestione dei processi aziendaliTrasformazione digitaleStrategia IT

Il CDO Brad Clay ha introdotto e gestito un nuovo modello a livello globale per trasformare il produttore di semiconduttori da una commodity ad alto volume a un’azienda ad alto valore.

Brad Clay, chief digital officer, GlobalFoundries
Credito: GlobalFoundries

Quando, all’inizio del 2021, Brad Clay è diventato chief digital officer di GlobalFoundries, sapeva che il suo ruolo sarebbe stato meno incentrato sull’implementazione della tecnologia e più sul cambiamento dei processi.

Nel 2018, il produttore globale di semiconduttori da 8 miliardi di dollari ha annunciato una svolta nella sua strategia aziendale: non avrebbe più sviluppato e prodotto tecnologie per chip a 7 nanometri e anche più piccoli, ma si sarebbe, invece, concentrato sulla produzione di microprocessori specializzati per mercati in forte crescita come l’automotive, il 5G e l’internet of things.

“Quando siamo passati dalla commodity della produzione di wafer alla fornitura di dispositivi dal maggior valore aggiunto, abbiamo dovuto affrontare una serie di problemi aziendali diversi”, spiega Clay. “Abbiamo dovuto allineare i nostri processi alla nuova strategia”.

L’introduzione di un nuovo ruolo: il responsabile dei processi aziendali globali

Clay e i suoi colleghi dirigenti hanno identificato otto processi globali: dall’idea al prodotto, dall’assunzione al pensionamento, dall’ordine all’incasso, dalla domanda alla consegna, dalla fonte al pagamento, dal mercato al contratto, dalla produzione all’ordine, e dal record al report. Hanno poi identificato le persone per un ruolo inedito, il global process business owner (GPO), che sarebbe stato il perno del nuovo modello.

Nelle società che hanno una comprensione relativamente chiara dei loro processi globali, il GPO può essere un Six Sigma Black Belt con un obiettivo di miglioramento continuo, ma questo non era il caso di GlobalFoundries. “Poiché il concetto di processi aziendali globali era nuovo per noi, avevamo bisogno che ad assumere il nuovo ruolo fosse un leader di livello VP. Dovevamo guidare la trasformazione dall’alto verso il basso”.

Assumere il ruolo di GPO non è per i deboli di cuore. Clay aveva bisogno che i leader appena nominati comprendessero la portata del cambiamento che avrebbero guidato. “Abbiamo comunicato che non si trattava di uno sforzo di miglioramento continuo in cui il responsabile avrebbe migliorato il processo del 5%”, afferma. “Il nostro messaggio era che la trasformazione inizia al 50% e che i nostri leader dovevano avere la visione e il coraggio di accettare quel livello di miglioramento. Chiunque può impegnarsi per il 5%. Ma è al 50% che si fa sul serio. È un livello di responsabilità molto visibile”.

Una volta identificati, i responsabili dei processi hanno seguito un corso di formazione per avere una comprensione comune, del lessico e dei modi di interagire. “Abbiamo anche fatto valutazioni a 360 gradi sui leader, perché avevamo bisogno che i process owner fossero un gruppo affiatato”, dice Clay. “Avrebbero avuto la responsabilità di guidare i processi comuni all’interno dell’azienda in un modo che non era mai stato fatto prima”.

Sotto ogni GPO ci sono gruppi consultivi di processo che abbracciano i vari reparti coinvolti in una singola procedura globale e che sono interessati al suo miglioramento. Poiché un GPO non può avere una conoscenza dettagliata di ogni singolo elemento di un piano, questi gruppi consultivi sono fondamentali per far funzionare il modello del global process owner.

“I gruppi consultivi assicurano che il GPO comprenda le esigenze degli utenti e si assicurano che tutti sappiano cosa succede all’interno dei processi”, spiega Clay, che ha anche riorganizzato l’IT in modo che ogni GPO abbia un responsabile tecnologico dedicato.

Con il modello GPO in atto, Clay e il suo team IT hanno potuto affrontare la sfida dell’implementazione di un nuovo software per automatizzare i global process. “Avevamo utilizzato principalmente soluzioni puntuali per richieste specifiche, tenute insieme da uno sforzo manuale”, spiega Clay. “Abbiamo dovuto superare il ‘gap degli investimenti incagliati’ e concentrarci sulle piattaforme. Abbiamo sostituito praticamente tutto: ERP, CRM, PLM, sistema di gestione della qualità, tutto nuovo, da cima a fondo”.

Le lezioni apprese dal GPO

Ora che Clay può constatare la maggiore rapidità del processo decisionale e l’aumento della produttività derivanti dal modello e dall’architettura della piattaforma GPO, ha alcune lezioni da condividere.

La prima: la trasformazione va oltre l’implementazione del software. I GPO di GlobalFoundries sono consapevoli che la trasformazione ha due elementi: l’abilitazione digitale e il cambiamento aziendale, che garantiscono l’allineamento del modello operativo alla strategia aziendale.

“È per questo che il GPO deve essere una persona di alto livello”, spiega Clay. “Il GPO allinea le procedure alla strategia aziendale e poi si assicura di come ciò che l’IT sta costruendo nella piattaforma sia allineato. Credo che le trasformazioni digitali falliscano perché i leader non colgono questa dualità”.

La seconda lezione è che, quando si implementa il software, ridurre al minimo le personalizzazioni consente di evitare di “lottare contro la gravità”. Clay a volte si alza di fronte ai suoi colleghi e lascia cadere una palla di gomma per far capire che quando si sceglie di allontanarsi da un ERP vanilla, per esempio, si sta cercando di mantenere la palla in aria.

“Il software commerciale è stato costruito da persone esperte di processi aziendali”, osserva. “Quando si decide di personalizzare il software, si decide anche se eliminare gli attriti o combattere la gravità. Il nostro obiettivo è combattere la gravità solo dove è assolutamente necessario”.

Infine, Clay sottolinea l’importanza del supporto a livello senior e del coinvolgimento aziendale. All’inizio della trasformazione, centinaia di persone in tutta l’impresa, a livello globale, si sono riunite per esaminare ogni processo, con ogni GPO che si è alzato per raccontare i piani per la propria area. “Era il process owner globale che spiegava come i processi sarebbero cambiati”, spiega. “Non si trattava di un informatico che spiegava come funziona SAP”. Questo aspetto, unitamente al fatto che l’amministratore delegato Dr. Thomas Caulfield abbia descritto il programma come “trasformazione aziendale abilitata dall’IT” sono stati fondamentali per il successo del programma. 

“Alla GlobalFoundries produciamo chip di semiconduttori in quattro stabilimenti diversi in tre continenti”, spiega Clay. “Ma il modello GPO è stata una vera e propria trasformazione, che non avevamo mai fatto. E questa è la sfida della trasformazione. È sempre unica”.

Martha Heller
Columnist

Martha Heller is CEO of Heller Search Associates, an IT executive recruiting firm specializing in CIO, CTO, CISO and senior technology roles in all industries. She is the author The CIO Paradox: Battling the Contradictions of IT Leadership and Be the Business: CIOs in the New Era of IT. To join the IT career conversation, subscribe to The Heller Report.

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