Nell’era della trasformazione digitale, l’IT coincide col business e il ruolo del CIO è sempre più centrale. Dialogare con la C-suite, tuttavia, non è sempre facile: ecco come parlare il linguaggio del CEO portando alla luce il valore concreto dei progetti di digitalizzazione per ottenere risorse e supporto al cambiamento Credito: Marvent / Shutterstock Senza il pieno supporto dell’amministratore delegato, il direttore dell’IT ha le ali tarpate e la digitalizzazione dell’impresa resta a metà. Lo studio di Deloitte “The new CIO” [in inglese], pubblicato ad aprile del 2020, ha evidenziato come i CEO più moderni (il 40% dei 100 interpellati in 19 Paesi) vedano il proprio CIO come un motore della strategia aziendale e un “partner di business”, ed è questa la loro chiave del successo per innovare. “Quando sono entrato a far parte dell’IT di Graded per trainare la trasformazione digitale, la dirigenza era convinta della centralità del cambiamento. La forte volontà del CEO ha fatto sì che le attività rivolte all’innovazione non incontrassero ostacoli”, conferma Gennaro Ardolino, Head of digital innovation e CISO dell’Energy saving company partenopea. Graded opera dalla fine degli Anni ’50 del secolo scorso: si è, quindi, sviluppata su sistemi non digitali che, in una fase successiva, sono stati modernizzati. Il dialogo costante del CIO col CEO e il ruolo strategico riconosciuto all’IT continua ad essere essenziale per dare continuità alle iniziative di trasformazione digitale. “Il cambiamento genera, per sua natura, diffidenza e resistenza. Anche passare da un documento cartaceo a un file può diventare una sfida. È importante che il CEO faccia sentire la sua presenza e appoggi la nuova cultura”, sottolinea Ardolino. Il dialogo tra CEO e CIO va al cuore della digitalizzazione Il supporto dell’amministratore delegato è importante per il direttore dell’IT anche perché il cambiamento dei processi tocca le diverse aree aziendali. E, qualche responsabile di dipartimento potrebbe non gradire le indicazioni del CIO, avvertendole come l’ingerenza di un altro manager sul suo lavoro e sul suo team. “La collaborazione strategica del CEO e del CIO rende più facile mostrare come la digital transformation non sia una mera prassi che riguarda solo la funzione IT, ma un nuovo modo di fare che interessa tutta l’azienda”, evidenzia Ardolino. “Il ruolo del leader tecnologico non è sviluppare una strategia o una visione digitale, bensì incorporare il digitale nella strategia di business”, ha detto Larry Quinlan, global CIO di Deloitte. Roberto Puccinelli, direttore dell’Ufficio ICT del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), conferma l’importanza del dialogo con la sua Direzione generale. “L’Ufficio ICT segue le indicazioni dall’alto della strategia dell’ente, ma a sua volta l’ufficio IT rivolge indicazioni sulle iniziative necessarie sia a livello di infrastrutture che di competenze”, riferisce Puccinelli. “Il dialogo è proficuo sia con la Direzione Generale che con le Risorse Umane: i leader sono ricettivi e questo agevola notevolmente la strategia digitale”. L’Ufficio ICT del CNR guidato da Puccinelli cura la progettazione, la realizzazione e la gestione del sistema informativo gestionale e delle infrastrutture di comunicazione ed elaborazione della sede amministrativa centrale, nonché il coordinamento della rete nazionale del CNR. Lost in translation: dal linguaggio IT al linguaggio business McKinsey [in inglese] ha scritto che le aziende moderne devono essere “tech forward”, con un’espressione che mette l’accento sulla loro capacità non solo di digitalizzarsi, ma anche di guardare avanti. Ciò si ottiene incorporando la tecnologia nella strategia aziendale e nel modello operativo e, quindi, ancora una volta, col pieno supporto del CEO all’operato del CIO. I “piani alti” tendono a considerare a priori l’hitech come un insieme di grandi progetti dai costi incontrollabili e dagli esiti incerti, argomentano gli analisti, e compito del CIO è dimostrare il vero valore della tecnologia tramite parametri obiettivi, istituendo delle priorità di investimento e aiutando a controllare i rischi. “Il CIO deve, in qualche modo, padroneggiare i temi di tutte le divisioni aziendali”, evidenzia Daniele Bacchi, CEO di Reverse, società di head hunting e recruiting (ed ex CIO a sua volta). “I manager parlano, ognuno, la propria lingua e non sempre si sforzano di comprendere il linguaggio dell’IT. Allora spetta al CIO sembrare un po’ meno un ‘guru tecnico’ ed esprimersi un po’ di più con il linguaggio del finance, del marketing, del payroll, rendendo evidente che ogni numero e ogni attività si svolgono sull’infrastruttura IT. Il software è invisibile: bisogna puntare sulle interfacce”. I dati, del resto, sono una delle leve principali a disposizione del CIO per ottenere un dialogo efficace col CEO. Ardolino di Graded racconta anche che, quando presenta un progetto ai vertici, per prima cosa offre una panoramica descrittiva, e poi unisce degli indicatori di prestazione (KPI, Key performance indicator), che possono dare la misura degli impatti positivi stimati nelle diverse aree aziendali, per esempio, la diminuzione delle ore uomo o i benefici di reperibilità del dato. “Il progetto deve poter assicurare una riduzione dei costi nel lungo periodo”, afferma Ardolino. Certamente, evidenzia Puccinelli, “Ci sono temi sui cui il rispetto degli obblighi di legge, ovvero la compliance, rendono più semplice veicolare la necessità di una soluzione tecnologica e ottenere investimenti da parte della Direzione Generale. Ma abbiamo anche i nostri dati interni che misurano oggettivamente esigenze e risultati e che aiutano a comunicare con i vertici”, indica il direttore ICT del CNR. L’ente dispone, infatti, da 15 anni, di un data warehouse, che raccoglie le informazioni dei sistemi gestionali interni per effettuare analisi e indirizzare le strategie. Il CIO protagonista anche nei budget Secondo Ardolino, un altro elemento importante è portare all’attenzione del CEO le offerte di almeno tre vendor diversi con i relativi investimenti necessari, fornendo sempre dei confronti e delle alternative. Il sostegno della C-suite sugli investimenti è, infatti, imprescindibile. Nel caso di Graded, alla fine di ogni anno l’azienda comincia a preparare i budget per l’anno successivo e Ardolino predispone un suo documento previsionale che confronta poi con il direttore finanziario e l’AD. “Insieme rivediamo le voci – indica il CIO -, con eventuali tagli e aggiunte in base alla linea strategica, guardando alle nostre necessità di business, ai progetti che vogliamo spingere e ai tempi di attuazione. L’azienda ha ben chiaro che digitalizzarsi non vuol dire soltanto modernizzare i processi interni, ma anche aprire opportunità di mercato, internazionalizzarsi, creare nuovi modelli operativi”. È con questa consapevolezza, per esempio, che Graded ha portato avanti la migrazione sul cloud per sostenere la sua crescita all’estero. L’esperienza è simile a quella del CNR, secondo quanto rivela Puccinelli: “Sugli investimenti c’è un budget previsionale che prepariamo a fine anno, e posso dire che le richieste che ho avanzato per il 2023 sono state accordate: i vertici hanno consapevolezza dell’importanza del ruolo del CIO e delle tecnologie per l’ente”. Dimostrare il valore del progetto IT con i dati È chiaro che un costo di avvio del progetto è sempre da calcolare. Ma, afferma Ardolino, “Se il beneficio c’è, ed è dimostrabile, allora si può ottenere il via libera. Dopotutto, senza progetto, resta il costo della mancata digitalizzazione e nessun beneficio mentre, in sua presenza, c’è la definizione di un costo iniziale a fronte di un beneficio e una riduzione delle spese nel medio-lungo termine”. Un esempio è la digitalizzazione della gestione delle presenze, che modernizza un processo tradizionale. Per il CIO di Graded, il punto di partenza è stato dimostrare come il sistema analogico avesse delle falle, con conseguente perdita di denaro e tempo per l’azienda. Ora disporre di un sistema digitale che gestisce e raccoglie i dati su presenze e straordinari, ferie e malattie, personale in sede o in cantiere, e ore lavorate per le commesse, significa che l’AD ottiene informazioni affidabili per le sue decisioni. “Al CEO devi portare dashboard da cui visualizzare in modo chiaro i dati che rispondono alle sue domande”, sottolinea Ardolino. I numeri su cui far leva ci sono: un sondaggio del 2020 di EY [in inglese] (“Tech Horizon: Leadership perspectives on technology and transformation”), condotto tra 570 executive di altrettante aziende globali, ha calcolato che le organizzazioni che riescono a far funzionare il dialogo tra CEO e CIO hanno il 45% di probabilità in più di eccellere nel loro percorso di trasformazione digitale e di ottenere una crescita annuale dei ricavi superiore al 10%. 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