Patrizia Licata
Di Patrizia Licata

Piattaforme per il business, quali sono le più strategiche e come “personalizzarle”

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14 Aug 20237 minuti
Trasformazione digitaleApplicazioni aziendali

Dalle nostre interviste ai CIO sugli enterprise software emerge una chiara indicazione: la “taglia unica” non funziona più. Sia i prodotti più usati, come i CRM, sia quelli più specifici, come quelli per la manutenzione preventiva delle macchine o per la business intelligence sul data warehouse, hanno spesso bisogno di funzionalità ad hoc. Per realizzarle, ogni CIO valuta la sua strategia, dallo sviluppo interno su open source all’outsourcing al fornitore. Senza dimenticare il change management.

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Credito: Shutterstock

Le piattaforme software di tipo enterprise rappresentano la base dell’attività di ogni impresa digitalizzatea. Il CRM (Customer Relationship Management) ha la fetta di mercato più grande, su scala globale e per ricavi generati: il 26,7% del fatturato di un’industria che, secondo le stime di Grand View Research [in inglese], lo scorso anno, ha registrato un valore di 216,7 miliardi di dollari. Che diventeranno 239 miliardi alla fine del 2023, e oltre 517 miliardi nel 2030, pari a una crescita annuale composta (Cagr) dell’11,5% dal 2023 al 2030, trainata anche dalle implementazioni ERP (Enterprise Resource Planning), un altro software protagonista della digitalizzazione aziendale. I CIO italiani confermano che gli enterprise software sono alla base delle loro strategie di innovazione, ma ogni azienda ha esigenze specifiche e ciò che conta è implementare la soluzione “su misura”.

In Farvima Medicinali, Gdo del settore farmaceutico, il CRM è senz’altro uno degli assi portanti dell’organizzazione aziendale implementato dall’IT, ma si configura, nello specifico, come una “scrivania virtuale condivisa che facilita la comunicazione tra le funzioni aziendali”, spiega Alessandro Di Maio, CIO della società. “È un CRM, attualmente ad uso interno, che si interfaccia con i vari software di mercato sia general purpose che specifici per la Gdo Pharma che abbiamo implementato e per i quali abbiamo ottenuto dal fornitore delle personalizzazioni ad hoc”.

Un rapporto “smart” con il fornitore

A proposito del rapporto con il vendor, Di Maio sottolinea un aspetto cruciale: “Anche se è una terza parte a realizzare le funzionalità custom, noi abbiamo le competenze interne per partecipare attivamente alla progettazione e successivamente gestirle”.

Infatti, presentare a un fornitore una richiesta di cui non si comprendono il lato tecnico o le implicazioni operative, “vuol dire non saper spiegare le proprie necessità o non capire le scelte di implementazione fatte dal vendor, esponendosi al rischio di conflitti con altri strumenti o funzionalità in essere”, evidenzia il CIO di Farvima.

Per questo, secondo Di Maio, è essenziale disporre internamente di una persona che si interfaccia col fornitore, ovvero un analista funzionale, soprattutto se l’azienda ha bisogno di frequenti personalizzazioni e ogni volta deve pagare la software house per realizzarle.

Diverso l’approccio dell’IT del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Il suo sistema informativo poggia su tre software-pilastro: per la gestione della contabilità, per la pianificazione e la gestione dell’attività di ricerca, e per la gestione delle risorse umane. I primi due sono sviluppati in-house e il terzo è realizzato da una società esterna, ma il CNR ne possiede la proprietà intellettuale.

“L’ufficio ICT-DCSR”, spiega Roberto Puccinelli, Dirigente Ufficio ICT-DCSR del CNR, “si occupa di tutte le attività di hosting, manutenzione e aggiornamento delle componenti infrastrutturali e applicative del sistema IT. Con questi enterprise software gestiamo anche la cura e la conservazione dei dati, i contenuti di formazione interna, gli adempimenti normativi relativi all’attività del Sistema Statistico Nazionale e altro ancora”.

Per la gestione documentale il CNR ha anche un Ufficio protocollo separato dotato di un sistema di business intelligence e data discovery sul data warehouse, che raccoglie dati dalle tre macro-aree della contabilità, della ricerca e dell’HR, li suddivide per temi, ed estrapola report che vengono visualizzati su cruscotti digitali.

Quando il CRM è protagonista in veste open source

Il CRM è protagonista della trasformazione digitale anche per Italia Power, multiutility con sede centrale a Napoli. In questo caso, si tratta di un applicativo basato su tecnologia open source, come illustra Raffaele Schiavullo, CIO di Italia Power. “Abbiamo acquisito il codice e svolgiamo tutta l’attività di maintenance. Anzi, più che un CRM, lo definirei una piattaforma integrata che si presenta come progressive web app, fruibile su desktop e mobile. La usiamo sia come interfaccia per i clienti sia per il nostro uso interno, dagli amministratori di sistema agli addetti dei punti vendita, ognuno con diversi livelli di accesso, a seconda del tipo di log-in”, spiega Schiavullo.

Perché scegliere un sistema open-source invece che proprietario? Ancora una volta, per soddisfare le esigenze di personalizzazione. “Per me il CRM è un software da ‘cucire addosso’, non può essere ‘una taglia unica’: vanno chiesti supporto e personalizzazione al vendor”, afferma Schiavullo. “Ma, per noi che abbiamo un grande dipartimento IT (rappresenta circa un terzo dell’intero staff aziendale), non ha senso demandare a terzi, possiamo sviluppare tutto internamente”.

Schiavullo si è affidato a un framework Laravel in linguaggio Php, che trova ideale per la stabilità e la velocità con cui può procedere agli aggiornamenti. “Abbiamo l’ambizione di diventare una one-click company nel B2C e dobbiamo creare web app molto semplici da usare, anche se sono le più complicate da sviluppare”, conclude Schiavullo.

Tra personalizzazioni e change management

Anche FHP Holding Portuale, primo operatore italiano nella movimentazione terminalistica di merci rinfuse, fa uso degli enterprise software più diffusi, come quelli per la reportistica finanziaria e per la gestione dei clienti, e sempre con la necessità di qualche personalizzazione. “Non ci sono modelli standard che funzionano univocamente per tutti, vanno previste alcune funzionalità specifiche”, evidenzia Fabio Angelo Mattaboni, Group Chief Information Officer & Digital Innovation Manager di FHP.

Per l’azienda, l’enterprise software davvero “cruciale” è quello per la manutenzione preventiva dei mezzi usati per movimentare i carichi, come gru e carrelli. “Attualmente si basa su una serie storica di dati, ma stiamo implementando tecnologie per la geolocalizzazione delle macchine, tramite tag Rfid oppure con le Sim mobili”, dichiara Mattaboni. “Questo ci permette di conoscere con esattezza per quanto ogni mezzo viene spostato e, quindi, qual è la frequenza di utilizzo e la manutenzione necessaria, prevenendo i guasti. Con la stessa tecnologia gestiamo la sicurezza degli operatori”.

Un altro prodotto che FHP sta implementando è quello per l’ottimizzazione dei costi degli spostamenti delle merci nei piazzali basato su modelli matematici; permette, in pratica, di sistemare gli articoli in ordine di consegna.

Indipendentemente dal fatto che vengano richieste personalizzazioni al vendor o che ci si adegui al software “out-of-the-box” per ridurre al massimo i costi, l’implementazione dei prodotti per la digitalizzazione aziendale va comunque accompagnata “da un’importante azione di change management: un percorso, a volte lungo, di formazione e affiancamento per lo sviluppo di una nuova mentalità operativa”, aggiunge Mattaboni.

Enterprise software: come presentare il progetto al CEO

Nel mercato del settore, le grandi aziende hanno rappresentato il 65% degli investimenti effettuati nel 2022, rivela ancora Grand View Research. Ma le Pmi stanno crescendo a un Cagr stimato del 13,2% dal 2022 al 2030.

In entrambi i casi, il CIO svolge un ruolo decisivo per portare a conoscenza della C-suite i vantaggi dei progetti tecnologici e ottenere il budget.

“Solitamente presento agli executive una panoramica sulla digitalizzazione del processo che intendo innovare”, svela Gennaro Ardolino, Head of Digital innovation e CISO di GRADED, energy saving company. “Prima offro una parte più descrittiva, poi porto dei KPI sugli impatti stimati nelle diverse aree aziendali: per esempio, la riduzione delle ore uomo, i benefici di reperibilità del dato e altri indicatori, cercando di enfatizzare la riduzione della spesa nel lungo termine”.

Un altro elemento importante, secondo Ardolino, è portare al CEO almeno 3 offerte di vendor diversi per ciascun progetto, con un’analisi delle prestazioni incluse e dei costi correlati: “In questo modo”, sottolinea il manager, “cerco di dare il maggior numero di informazioni utili alla decisione e di fornire delle alternative”.

Un consiglio è quello di creare per il CEO due scenari e metterli a confronto; per esempio, sviluppo interno contro sviluppo esterno o open source contro software proprietario. Nessuna opzione è, di per sé, migliore, ma il compito del CIO è dimostrare – con dati obiettivi e grafici chiari – che, per la sua azienda e i suoi specifici obiettivi, una scelta può generare maggiori vantaggi di un’altra.

Patrizia Licata
Di Patrizia Licata
Scrittore Collaboratore

Giornalista professionista e scrittrice. Dopo la laurea in Lettere all’Università La Sapienza di Roma, ho iniziato a lavorare come freelance sui temi dell’innovazione e dell'economia digitale. Scrivo anche di automobili, energia, risorse umane e lifestyle. Da una ventina d’anni collaboro con le principali testate italiane su carta e web.

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